Ecco il link al sito in cui potete trovare non solo la parte a me dedicata, bensì altri contenuti molto interessanti:


https://hard-me.com/2021/03/22/intervista-a-mistress-marchesa-luisa-casati-seconda-parte/


Ed ora, riporto in seguito la SECONDA PARTE dell'intervista:


Dopo la prima parte dell’intervista, parliamo adesso di pratiche. Guardando alla tua esperienza, è più frequente che lo slave si presenti con richieste specifiche o piuttosto che sia tu a decidere quelle più opportune per lui?
Difficile darti una risposta con una statistica precisa. In merito a questo ti posso dare un solo dato certo: più il sottomesso ha sperimentato, più ha un’idea precisa di quello che gli piace e di quello che invece è assolutamente fuori dalla sua portata.
Capita che alcuni arrivino con una specie di libretto di istruzioni, un prototipo di sessione spiegato fino al dettaglio.
Alcuni hanno una fantasia, ma si mettono nelle mani della Miss circa le modalità, le tempistiche e tutto il resto.
Alcuni  lo sanno ma non lo riescono ad esprimere nel modo corretto, quindi non si possono ritenere attendibili le prime quattro parole balbettanti che dicono, vanno spronati a comunicare meglio.
Altri non hanno la minima idea di quello che vogliono fare, o di quello che stanno facendo. Anzi ti dico di più: un aspetto fondamentale che va approfondito è proprio quello di capire se la fantasia descritta può essere messa in pratica o deve rimanere tale.
Spesso capita di eccitarsi pensandosi protagonisti di certe situazioni, soft o hard non conta, poiché ognuno di noi ha la sua personale soglia di tolleranza a tal proposito. Quello che non si sa, è come reagiremo trovandoci per davvero protagonisti di quella situazione che per tanto tempo ha monopolizzato le nostre fantasie. 
Quindi va compreso innanzitutto questo: cosa la psiche del sub può sopportare e cosa no. Da li ci si fa un’idea di come può essere impostata la sessione, a grandi linee, lasciando sempre spazio poi alla spontaneità ed a ciò che, attraverso i feedback che ci da il sub, riteniamo opportuno fare o meno.

Nel caso di pratiche quali ballbusting e fisting tu specifichi, giustamente, di somministrarle ‘solo nei limiti in cui ritengo la pratica non lesiva per l’organismo dello slave’. A questo riguardo ti chiedo: come può una mistress intuire e fissare questi limiti? Più in generale, lo slave è da considerarsi un soggetto affidabile quando si tratta di stabilire le soglie entro cui mantenere l’intensità di una pratica strong?
In un mondo utopico, dovrebbe essere così. Anzi, lo slave, proprio perché soggetto passivo che riceve le pratiche, dovrebbe avere l’accortezza di informarsi per meglio capire ed interpretare le reazioni del proprio corpo finchè riceve le pratiche. Se il dolore in quel momento, il leggero fastidio che permane poi, il senso di confusione e stordimento, sono cose normali o meno.

È giusto affidarsi in toto alla Mistress, ma allo stesso tempo è giusto avere coscienza di cosa sta succedendo, anche per capire se si ha a che fare con una professionista o meno.
Ci sono alcuni slave che sono più preparati delle Mistress in fatto di pratiche, poiché abituati a farle con frequenza. Mentre poi, come in qualsiasi campo, ci sono gli estremisti.

Ecco, tu mi chiedi come approcciarsi a loro in sessione. Io ti rispondo che se mi accorgo che ho a che fare con una persona che non rispetta i limiti del SSC (Safe, Sane and Consensual) e intende spingersi troppo oltre rispetto a quelle che sono le sue reali possibilità, facendo cose che mettono a rischio la sua salute, a priori non lo porto in sessione. Tuttavia, nel caso in cui questo sub fosse così abile nel dissimulare la sua labilità emotiva fintanto da spingermi a credere di essere una creatura equilibrata, e convincermi a portarlo in sessione, allora la cosa cambia.

Se un individuo non ha coscienza dei propri limiti, sta alla controparte sapere quando fermarsi. E qui sta tutto all’esperienza ed alla professionalità della Mistress. Mai fare pratiche che non si è in grado di gestire. Un esempio: se non ho mai fatto un corso, anche base, di shibari, il bondage sarà fuori dalla mia portata. Non sarò in grado di creare delle sospensioni sicure, non sarò in grado di riconoscere segni e sintomi che mi indicano quando cambiare posizione, non sarò a conoscenza delle tempistiche e cosa ancora più importante dei danni che può causare tale pratica se eseguita male.

Perciò dico che qui sta tutto nella competenza della Mistress. Nella sventurata ipotesi in cui ci si trovi in sessione con un soggetto non collaborante, ossessionato dal fatto che vuole superare i suoi limiti, dovremo essere noi a conoscere e riconoscere quei segnali che ci indicano che si è raggiunto il limite.

C’è tutta una fase ‘post’ di cui di solito non si parla molto. E’ chiaro che, data l’intensità della sinergia messa in atto durante la sessione, rimangano nello slave – e forse anche nella mistress, qui tu mi insegni – delle ‘scorie’ psicologiche che vanno a dileguarsi col passare delle ore o dei giorni. A questo riguardo hai scritto, se non vado errato, un articolo molto interessante nel tuo blog. Puoi descrivermi cosa ‘resta addosso’ dopo la liberazione delle pulsioni attuata in sessione?
Ho capito di che articolo parli. E’ lunghissimo davvero l’hai letto tutto? In quell’articolo, buona parte del merito va a Stefano Laforgia, un cultore del BDSM in Italia, al cui sito spesso faccio riferimento per aggiornarmi. In sintesi, si fa riferimento all’importanza dell’after care.
Questo perché durante la sessione, il cervello dello slave produce un carico massiccio di adrenalina, che va poi a scemare alla fine della stessa.
E come molti sapranno, dopo un carico potente di adrenalina, si avverte quella sensazione di sfinimento, di stanchezza, che altro non è che il rilascio di endorfine che vanno a riequilibrare il sistema neurologico. Questo momento è definito “crash” adrenalinico, e vi intercorrono anche altre sostanze, come l’ossitocina.
Il nostro corpo è una macchina perfetta, dunque è già fisiologicamente preparato per gestire alti livelli di stress, tuttavia, ciò non significa che quel particolare momento non sia di grande vulnerabilità psichica per il sub, anche per l’intervento di altre sostanze.

L’aftercare diventa quindi di fondamentale importanza, in quanto si contrappone agli effetti del rilascio delle suddette sostanze (prolattina, la sostanza che provoca la sensazione di sfinimento, e cortisolo, ovvero l’ormone dello stress, che causa cattivo umore e depressione) che invadono il corpo durante la fase in cui l’organismo “consuma” l’adrenalina prodotta.
Il crash adrenalinico, in questo modo, ovvero grazie al legame fatto di contatti personali e carezze, diventa molto più facile da gestire e lascia una sensazione molto piacevole, allungando le sensazioni indotte dalle endorfine.

Entrando più nello specifico e andando a fare riferimento al tipo di scorie di cui parlavi, c’è un fenomeno, chiamato abitualmente “sub-drop”, che si verifica in alcune persone per ore o addirittura giorni dopo la sessione, dovuto agli effetti del cortisolo e della prolattina (di cui sopra) che causano una caduta dell’umore e una leggera forma di depressione.
Mantenere la connessione in modo evidente e di proposito, aiuta a limitare questi effetti. Sarà poi l’ossitocina, definita da alcuni l’ormone dell’amore, a riequilibrare la mente.

Questa è una lettura prettamente neurologica, che offre una spiegazione scientifica ed inconfutabile del perché accadano determinati fenomeni.
Ci si può dilungare anche nell’offrire una lettura psicologica, circa tutte le paure, le insicurezze, e le vulnerabilità che una sessione ben fatta porta a galla, che possono essere una valida spiegazione al senso di stordimento e confusione dei giorni successivi, ma la scienza taglia la testa al toro in modo oggettivo.
In genere, io ho l’abitudine di tenermi in contatto con i sub che ho avuto in sessione, quanto meno per avere un loro riscontro di com’è stato l’incontro. È un modo per continuare l’after care anche a distanza ma anche un modo per fare un’autoanalisi professionale.

Parlavamo di pulsioni. Viene da pensare che la portata psicoanalitica insita in un rapporto di dominazione mediamente complesso sia notevole. E’ possibile identificare nella mistress una sorta di terapeuta che, mediante la concreta realizzazione della fantasia repressa in una ‘zona franca’ (ovvero la sessione), permette allo slave di evitargli una nevrosi lesiva nella sua quotidianità di uomo?
Che sia così o meno, a me piace vederla sotto questa prospettiva e pensare che lo sia.

Freud ha fatto delle trattazioni sull’importanza del gioco di ruolo nella risoluzione di conflitti interiori, trattazioni  che sono state in seguito confutate.
Quello a cui è necessario prestare massima attenzione quando ci si addentra in queste dinamiche, è al fenomeno del transfert.
Nel rapporto D/s, come in una seduta psicanalitica, il sottomesso trova una persona, in questo caso la Mistress, che probabilmente per la prima volta nella sua vita lo ascolta.
Tutti noi abbiamo vissuti di frustrazione rispetto alle incomprensioni che riceviamo dall’ambiente esterno, nonostante questo, molti di noi scelgono di esporsi ugualmente e parlare liberamente.
Ma qui siamo sempre su un terreno minato. È già complesso trovare qualcuno che sappia ascoltare, ancora più complesso è trovare qualcuno che sappia ascoltare ed accogliere, poiché la tendenza comune è quella di sommergere la persona di consigli, piuttosto che di giudicare o sparare sentenze.

Quindi con chi si può confrontare un individuo che avverte pulsioni da slave? Che non capisce cosa gli stia succedendo?
Trovando questa figura nella Padrona, il rischio di un coinvolgimento emotivo è altissimo. Il sub si sente per la prima volta ascoltato, compreso, accolto, non giudicato.
Quindi è indispensabile innanzitutto  non fare IL danno, lasciando che il sub si invaghisca completamente. E, rispetto al parallelismo BDSM-terapia, ricordare che il BDSM è un gioco. Un gioco bellissimo, profondo, a cui do un importanza ed un valore inestimabili, ma pur sempre un gioco. Un gioco che tra i vari benefici che può apportare, ha anche quello di una forma di terapia, in cui si va a scrutare una parte di sé in profondità e perché no, può migliorare la propria quotidianità ed il proprio rapporto con sé stessi. Questa è una cosa però che arriva col tempo, e, a volte non arriva mai.

Una cosa però la posso affermare con certezza: un sub che prende atto del suo kink, nonostante tutto ciò che gli gravita attorno sia a sfavore di questo, accetta il suo kink, alla faccia di false ipocrisie sociali, ed infine, trova il modo per metterlo in atto in modo sano sicuro e consensuale, è già di per sé una persona molto più equilibrata di chi, a differenza sua, ha gli stessi retaggi, le stesse pulsioni, ma le tiene nascoste mentendo anche a se stesso.

Soffermiamoci sul concetto e sull’accezione pratica del ‘dolore’. Mi rifaccio ancora alle tue parole: ‘Il dolore non è altro che il mezzo per raggiungere più agevolmente uno stato di oblio, di trasfigurazione, che porterà alla liberazione spirituale’. Nel bdsm il dolore avrebbe, se ho capito bene, una duplice portata: da un lato è affermazione vitalistica di se stessi in termini di puro piacere, dall’altro è catarsi, liberazione, e, appunto, oblio. In altre parole: si parte da un disagio iniziale. Tramite il dolore la mistress permette il superamento di tale disagio e la piena realizzazione di un ‘io’ socialmente e intimamente inibito. Se sei d’accordo con questa mia considerazione, ti chiedo: come può il dolore fisico assumere un’importanza fondamentale anche per la sfera mentale, a tuo modo di vedere?
Si, la tua tesi è quasi totalmente corretta, non fosse per il fatto che non esistono verità assolute valide per tutti.
In linea di massima, tornando sul piano del neurologico, da evidenze scientifiche possiamo affermare che in modo conscio o inconscio, chi fa BDSM e si dedica a pratiche S/m, si sta cimentando con la manipolazione controllata di alcuni dei più potenti neurotrasmettitori che il nostro corpo è in grado di produrre.
Come dicevo prima, endorfine, dopamina, adrenalina, prolattina, cortisolo e infine, l’ormone dell’amore, l’ossitocina.
Ciò ribalta qualsiasi tesi che vede il Dominante (Top) come un sadico cattivissimo che si diverte a fare del male, e il sub (bottom) come la povera vittima che subisce, e fa anche chiarezza sulle motivazioni, generalmente avvolte in una nube di mistero, che lo spingono a sottoporsi a tali pratiche cruente.

Questa premessa per avvalorare la tesi da te appena descritta e affermare che si, una sessione S/m ben fatta, ha un valore catartico e liberatorio, e grazie alle sostanze prodotte consente un benessere psicofisico all’individuo che l’ha ricevuta. Su come poi questo agisca nella mente di ognuno, dovremmo aprire un ipertesto.
Indagare sulle motivazioni più antiche che predispongono ciascuno di noi per un kink piuttosto che un altro, oppure a non averne affatto, e per ogni individuo, comprendere tutte le possibili evoluzioni di questo kink parallelamente alla sua quotidianità.
Dare una frettolosa spiegazione di psicologia spiccia dicendo che sia un modo SSC per convogliare lati autolesionistici della personalità, piuttosto che un modo per espiare delle colpe, o ancora, un costante mettersi alla prova, significherebbe ridurre tutto a delle categorie ed incorrere in falsi stereotipi.

La migliore spiegazione che potrei portarti per rispondere a questa domanda è un esempio.

Una persona.
Un sub.
Un kink.

Ma violerei giusto qualche norma sulla privacy e sulla deontologia professionale, per quanto la figura della Mistress non sia ancora tra le professioni che troviamo su Linkedin.

Guardando al tuo modo di porti, direi che lo studio di tutto quanto attiene al bdsm è per te oggetto di passione e primaria importanza. Laddove alcuni profili di mistress prediligono una figura austera, tu anteponi un imprinting raffinato, estetizzante, culturalmente evoluto ed elevato. Premesso che ognuno ha il proprio modo di essere, possiamo dire che i valori e lo stile proposti dalla Mistress Luisa Casati ti rappresentano anche nella vita di tutti giorni, fuori dal dungeon?
Assolutamente no. Se il mio atteggiamento nella quotidianità fosse quello che ho in sessione, sarei già stata licenziata dal lavoro, arrestata, internata, o peggio.
La personalità di un individuo è fatta di varie sfaccettature. Addentrarmi nel mondo del Femdom, mi ha dato la possibilità di far emergere lati del mio carattere che non pensavo nemmeno esistessero.
La Luisa sofisticata, elegante, che ama lo stile Vittoriano, il linguaggio forbito, gli inchini e i baciamano è una parte di me che amo mostrare solo in determinate situazioni che mi stuzzicano e mi coinvolgono. Stessa cosa per la Luisa autoritaria e sadica.
Non è il mio standard quotidiano, sono lati di me che emergono se correttamente stimolati, lati che erano rimasti sopiti e che ora sto curando. Lati di me che, devo essere sincera, è stato bello scoprire, o riscoprire, coltivarli e dar loro spazio, uno spazio che purtroppo manca nella vita di tutti i giorni.
E non è mancato l’effetto terapeutico di cui ti parlavo prima, anche per me: molte insicurezze, molti momenti in cui piuttosto che evitare lo scontro al lavoro stavo zitta, sentirsi costantemente inferiore alle strafighe che vedi sui social…ha aiutato.
A prendere più sicurezza in me, sulla mia persona, a dire le cose che penso senza trattenerle…piccoli cambiamenti che mi hanno portato a dei miglioramenti.
Mi ha aiutato anche a fare le scelte che ritenevo essere giuste per me, senza mettere ogni volta tutto sul piatto della bilancia del giudizio sociale. Era già una tendenza che avevo prima, ora è ancora più marcata.

Mi piace il bdsm in una società che non lo accetta? Non mi interessa, lo faccio. A costo di pagarne le conseguenze.
Ovvio che ci si deve adattare alle convenzioni sociali per sopravvivere e non essere internato o tacciato come antisociale, un minimo, ci si deve adattare agli usi e costumi della propria cultura…ma se ti piace una cosa, e credi in quella cosa, la fai. Indipendentemente dal giudizio degli altri.
Ho una visione molto categorica su questo, credo sia indicativo della personalità e del carattere di un individuo mantenere la capacità critica, non farsi condizionare e fare ciò che gli piace anche andando a rischiare di mettersi in una posizione molto scomoda.

In sintesi no, non mi sento una Regina. C’è differenza tra il gioco e la vita reale. Sicuramente di base sono stronza, perché mi diverte mettere a disagio le persone, ma non cerco di prevaricare nessuno, o aggredire o manipolare per ottenere quello che voglio, non credo siano queste le caratteristiche di una personalità dominante, anzi. Ho il mio approccio, a livello professionale, sono felice, molto felice, di essermi costruita questo tipo di modalità di dominazione, e se avrò modo di continuare il mio percorso, cercherò di mantenere questi capisaldi e di condividerli il più che posso.
Non perché penso di avere la verità in mano, in fondo ognuno si approccia come vuole e nella modalità che lo fa stare meglio, ma il rispetto della persona, dello slave che ti si affida, quello non deve venire a mancare mai, poiché porta con sé una grossa responsabilità di cui è necessario essere consapevoli.

Ecco dove trovare Miss Luisa:
Il suo sito ufficiale https://mistressmarchesaluisacasati.jimdofree.com/
Il suo account Twitter https://twitter.com/CasatiLuisa
Il suo account Instagram https://www.instagram.com/miss.luisa.casati/
I suoi video su Clips4Sale https://www.clips4sale.com/studio/165895/marchesa-luisa-casati