Quando arriva, lo stavo già aspettando sull’uscio, camice bianco e cartella clinica alla mano.


È titubante, imbarazzato… forse non si aspettava di trovare una dottoressa giovane e bella, in gonna e tacco 12 palesemente visibili sotto il camice.


“Buonasera, lei è il sign. L.? è qui per il clistere di pulizia intestinale giusto?” chiedo distrattamente sfogliando il suo fascicolo.


“Si si.”


“Si si” è stata l’unica risposta che mi ha dato per parecchio tempo..


Cominciamo con la proforma allora.


“Si spogli qui dietro, poi esca e si sdrai sul lettino, di lato, con la gamba sinistra piegata verso il petto.


Io nel frattempo vado a farle il preparato”


E altro che preparato, forse ci ho abbondato troppo. Ma lui che ne sa, è di la sul lettino, disteso che quasi cerca di rannicchiarsi in posizione fetale dalla paura… mi fanno così ridere quando sono così.


Faccio fatica a trattenere le risate quando torno da lui.


“Ora le applico il sondino interno con un velo di gel lubrificante, dopodiché apro la valvola e cominciamo.


Potrebbe avvertire un lieve fastidio, tutto normale.


Siccome ci vorrà un po’ prima che termini, ne approfitto per farle qualche domanda circa la sua anamnesi per completare il quadro clinico.”


Mi trascino un pesante ed enorme trono accanto a lui, che non mi vede, è girato verso il muro.


“ha avuto patologie pregresse? Mai stato operato? Assume abitualmente farmaci? È fumatore?”


E avanti con la sequela del questionario medico standard.


Nel frattempo il clistere finisce.


Dico al paziente di mettersi in posizione supina, con la scusa che sarebbe stato più comodo.. in realtà so che è a disagio perché è ancora nudo davanti a me, e sia mai che abbia avuto l’accortezza di porgergli un telino.


No.. è bello quel disagio, voglio gustarmelo bene.


Nonostante il disagio, lui obbedisce. In fondo il Dottore sono io.


Ora mi può vedere da quella posizione. Avvicino il trono ancora un po’ al suo lettino, giusto per aumentare l’intensità del suo malessere.


“Continuiamo con altre domande, lei nel frattempo mi dica quando sente il bisogno di andare in bagno”


Risposta? Si si si.


“Deve fornirmi i suoi dati personali, dov’è nato, quando, dove è domiciliato, dove ha la residenza, il suo numero di telefono…”


Nel frattempo mi alzo dalla sedia, lui perso a guardare le mie calze… e gli pizzico forte un capezzolo.


Fa un salto sul posto e si copre con le braccia.


“Signore che c’è? Mi sono solo alzata per appoggiare la bottiglia d’acqua, non ho fatto nulla.”


Mi risiedo, e con la faccia seria, più seria che potevo, riprendo da dove avevo lasciato.


Sto per dargli LA NOTIZIA.


“Lei sa che giorno è oggi? In che mese siamo? Dove ci troviamo in questo momento?


Lei sa com’è arrivato fino da me? Le ha fatto un impegnativa il suo medico di base? Ha prenotato tramite il cup? Non lo sa?


Bene. Glielo spiego io.


Lei è stato inviato qui dalla sua famiglia. Si trova in uno studio psichiatrico, il mio compito è quello di valutarla.


La situazione è molto seria sig. L. e la sua famiglia è davvero preoccupata ( cazzo mi viene da ridere)


Lei soffre di un disturbo dissociativo dell’identità che la porta ad avere allucinazioni fortissime che non riesce a distinguere dalla realtà…”


Asfaltato l’uomo. Ora non dice più nemmeno SiSiSi.


“dobbiamo capire quanto è grave, quanto frequenti sono queste allucinazioni, non possiamo farla andare in giro così, che non distingue realtà dalla fantasia… ad esempio, lei qui cosa vede?”


E gli indico il trono.


Io sono in piedi, di fianco a lui, sempre con la cartellina in mano.


Balbetta qualcosa circa una sedia dorata, con enormi cuscini in velluto rosso…


“Sig. L. ma come velluto rosso? Questo è un normalissimo sgabello! Non ci vedrà mica un trono vero? Guardi che me lo deve dire se ha un altro “episodio”, dev’essere sincero sennò non la posso aiutare”


All’improvviso la risposta diventa “No no no”


Ma quanto mi diverto…


“Si calmi, si calmi, so che è una brutta notizia ma è in buone mani, faremo il possibile per aiutarla.


Nel frattempo continuiamo la visita. Deve andare in bagno? No? Bene.”


Io credo che in questo caso sarebbe tornato a rispondermi sisisi perché sentivo degli strani borboglii… peccato non avergli dato il tempo di rispondere.


Lo faccio sedere e con molta calma e lentezza gli passo lo stetoscopio freddo prima sul torace, poi sulla schiena, per oscultare il battito cardiaco “è un po agitato vero?”


Un po’ è un eufemismo. Sembrava mi stese correndo incontro una mandria di bufali impazziti.


“Si alzi in piedi ora, le controllo la schiena”.


E lui che fa? Zompa sui vestiti.. pensava che gli avrei permesso di rivestirsi..mmppfff


Permesso negato. Motivi medici. Non può far altro che obbedire.


Nel frattempo però ha mosso un passetto e comincia a guardarsi intorno… dice anche le sue prime parole “Ma questi che vedo nella vetrinetta…sono per caso dei dildi?” No genio, sono zucchine e melanzane.


“Ma Signore cosa sta dicendo? È in uno studio medico… questi sono dei pezzi anatomici ricreati e riprodotti fedelmente, di certo non sono dei dildi.


Questo mi dà da pensare.


Mi faccia una cortesia, mi chiami sul cellulare, non lo trovo più.”


Detto, fatto. Caduto nella trappola.


“Come fa ad avere il mio numero?”


Balbetta.


“Signor L., lei mi deve assolutamente giustificare come fa ad avere il mio numero di telefono privato. Io di certo non gliel’ho dato. Ha anche delle tendenze da stalker? Siamo a questi livelli? Guardi che devo fare una relazione sul suo caso, le conviene farmi una buona impressione, altrimenti non lo vedo molto roseo il suo futuro… suvvia, si metta a terra e mi massaggi i piedi, queste scarpe mi stanno uccidendo.”


E tra una smorfia e l’altra, forse il clistere cominciava a fare effetto, lui obbediente si mette a terra, e massaggia, massaggia, massaggia….


E annusa, e se li porta sulla faccia… sembrava in estasi.


Mi levo le calze e gliene metto una intorno al collo, annodandola in modo da far venire fuori un fiocchetto.


L’altra gliela passo sul viso, gliela metto in bocca, gliela schiaccio forte nel naso e poi gli premo forte le mani sul viso in modo che non possa respirare, ed abbia solo il mio odore cosparso in tutta la testa.


Finchè mi lecca i piedi continuo a infierire.


“Sign. L. credo che sia stato sopraffatto da un crollo psicotico vero e proprio, ha perso completamente il contatto con la realtà, si vede chiaramente, cosa sta facendo?”


Piedi. Risponde tra una sniffata e l’altra.


“Piedi?quindi è un feticista? Lo sa che nel DSM V è descritta come una parafilia? Ahi ahi sig. L, la sua situazione si sta aggravando sempre di più.. deve prendere coscienza del fatto che quello che lei vede  è quello che la sua fantasia desidera, ma non è la realtà…”  


Non risponde più. Si è perso completamente tra i miei piedi.


Dopo essermi goduta lo spettacolo di quest’uomo, nudo, semi disteso a terra, in procinto di scoppiare, che adorava e adorava e non riusciva a smettere di adorare i miei piedi, lo richiamo all’ordine.


“Devo andare in bagno”.


Glielo dico in modo perentorio. Non capisce.


“Vada a stendersi là, le ho detto che devo andare in bagno. Qui non ce l’abbiamo, quindi dovrò usare lei.”


Una timida risposta: “…ma come dottoressa non avete il bagno, lo vedo, è dietro quella porta, c’è anche scritto toilette…”


Guardo il bagno. Guardo  lui.


“Quel bagno non funziona”


Sono obbedienti, gli uomini che si ritrovano con un imbuto in bocca, e la minaccia che se per caso aprono gli occhi per sbirciare gli arriva una mazzata sulle palle.


Sembra che ci tengano davvero a quei kiwi rinsecchiti che si ritrovano in mezzo alle gambe.


“Coraggio, si alzi, non abbiamo ancora finito”


Ora è li li per scoppiare, però ancora non chiede di andare al bagno… so già cosa vuole fare. Spera che la visita finisca velocemente così può andarsene a casa ad evacuare. Per non fare brutta figura.


E invece no. Gliela faccio fare qua. Con la porta aperta.


Ormai è passata quasi un’ora, dev’essere al limite di sopportazione


“Non si preoccupi, abbiamo quasi finito.. un veloce controllo della prostata e può andare a casa (che bugiarda)


Si pieghi bene in avanti, appoggi la pancia sul lettino e si rilassi…comincio con un dito ben lubrificato, vedrà che non sentirà nulla…”


Peccato che il dito ben lubrificato fosse in realtà uno strapon di 20cm, con un diametro di 5.


Ci sono andata delicata, lo so.


Ogni tanto emetteva qualche gemito, quel paziente.


Non sapevo se fossero gemiti di piacere, di dolore, o di avviso di incontinenza imminente.


Io lo azzittivo, gli dicevo che ero entrata con una sonda, stavo facendo un controllo approfondito dell’ultimo tratto di intestino, doveva stare fermo, sennò non vedevo nulla.


Ogni volta che si muoveva dovevo ricominciare daccapo.


Doveva portare pazienza, perché la sonda doveva andare in fondo, fino in fondo, altrimenti non avrei visto nulla e l’esame risultava nullo.


Glielo dicevo all’orecchio, quindi la sonda era entrata tutta.


Prima di finire la visita sono riuscita a farglielo dire di nuovo.


“Si si si”


Poi è corso in bagno.


 


Mistress Luisa Casati